Insieme al distanziamento sociale, il #coronavirus ha accelerato il processo di diffusione dello smart working. Esaltato come metodo di lavoro a beneficio della classe lavoratrice, lo #smartworking ha rivelato durante la pandemia i suoi lati oscuri. Centri urbani vuoti, attività commerciali senza clienti, isolamento del #lavoratore, sono solo alcuni degli effetti dell'affermazione diffusa del lavoro in casa. Se il luogo di lavoro era il centro dell'attività dell'individuo ora la casa si delinea come unico ambiente della vita sociale del lavoratore. Si delinea il rischio di una contaminazione sociale per la quale spazio privato e attività lavorativa si fondono senza soluzione di continuità.
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Da luogo di confronto, scambio e formazione, il luogo di lavoro corre il rischio di trasformarsi in un luogo chiuso tra le mura di casa, isolando il lavoratore e limitando la sua capacità di crescita personale e lavorativa. Allo stesso tempo a risentire del massiccio impiego del lavoro da casa è lo stesso tessuto urbano e commerciale delle nostre città. Strade e uffici deserti, piccoli esercizi commerciali in crisi. Per Diego Fusaro lo smart working assume allora le sembianze di un vero e proprio progetto politico nel quale si assiste ad un processo di colonizzazione dell'azienda sulla propria vita privata. In pericolo il diritto alla disconnessione del lavoratore e l'indipendenza del suo tempo libero.
Approfondiamo ai nostri microfoni con Diego Fusaro.
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